VITA E CULTO DI SAN VALENTINO


Archeologia

(Catacomba di San Valentino)

La storia e la personalità di San Valentino sono ab immemorabile circondate da un velo di leggenda e di indeterminatezza che ha reso impossibile parlare del "santo degli innamorati" in modo scientificamente credibile. Studi recenti hanno contribuito invece ad una possibile chiarificazione storica di cui sia la popolarità del santo, sia l'agiografia colta avanzavano sempre più pressante istanza. Problematica d'introduzione è certamente quella volta a dirimere il dualismo antico tra un santo romano – San Valentino presbitero e martire – e un santo ternano – san Valentino vescovo e martire – entrambi oggetto di culto e di venerazione assai antichi. Il Martirologio Romano, al 14 febbraio, riporta testualmente: "A Roma, sulla via Flaminia, il natale di san Valentino, Prete e Martire, il quale, glorioso per guarigioni e dottrina, fu percosso con bastoni e decapitato sotto Claudio Cesare. […] Così pure a Roma i santi Martiri Vitale, Felicola e Zenone. A Terni san Valentino, Vescovo e Martire, il quale, dopo lunga flagellazione, messo fu in prigione e, non potendo esser vinto, finalmente nel silenzio della mezza notte tratto fuori dal carcere, fu decollato per ordine di Placido, Prefetto della città". Nei Nuovi studi sulla Basilica di San Valentino sulla Via Flaminia, Cinzia Palombi pone l'accento sulla necessità di un'indagine bifronte: vuoi sul "santuario di San Valentino sulla Flaminia […] senza dubbio uno dei più importanti complessi monumentali del suburbio romano. Esso rappresenta il sito a carattere cristiano più rilevante della via Flaminia e comprende, come è noto, i resti di una basilica martiriale, inserita in una necropoli subdiale abbastanza estesa e una catacomba, scavata su tre piani di gallerie, nelle viscere della collina dei Monti Parioli". Vuoi sul Santo: "Le testimonianze letterarie ed epigrafiche e i dati storico-monumentali di cui si dispone al momento sulle origini del complesso romano inducono, in ogni caso, a ritenere sostanzialmente accertata l'antichità del culto di S. Valentino a Roma e la presenza effettiva nel santuario al II miglio della via Flaminia di una devozione per il santo, ritenuto sepolto nella vasta area funeraria, che si era sviluppata nel sito, sicuramente a partire dalla fine del I secolo d.C. Certo è che il cimitero pagano-cristiano su cui papa Giulio I (337-352) fece edificare la basilica dedicata a San Valentino, divenne assai frequentato nel tardo impero romano e nell'alto Medioevo, perché ultima tappa devota – con Porta Ratumena, poi porta del Popolo, già in vista - per coloro che arrivavano in pellegrinaggio nella città eterna. Nota ancora Cinzia Palombi: "Il ritrovamento di alcune epigrafi datate tra il IV e il V secolo, provenienti dalla vasta area funeraria connessa con l'edificio, costituiscono prove ulteriori che la comunità cristiana di Roma riteneva S. Valentino seppellito nell'area cimiteriale della via Flaminia... D'altro canto, almeno tre epigrafi funerarie lacunose relative a defunti sepolti nel cimitero della Flaminia, contengono chiaramente richiami al nome Valentino: un'iscrizione in versi, da poco ritrovata, e altre due più brevi, nel cui formulario compare il riferimento, frammentario, ma di sicura ricostruzione, ad domnum Valentinum, in relazione alla deposizione di un defunto e all'acquisto di una tomba... La storia del sito nei secoli successivi evidenzia una straordinaria crescita del culto di S. Valentino, determinata anche dall'evoluzione monumentale del santuario. Alla metà del VII secolo, al tempo dei pontefici Onorio (625-638) e Teodoro (642-649), l'edificio di papa Giulio fu trasformato in una basilica magna, ben visibile (apparet) per la sua magnificenza e bellezza a chi transitasse sulla via Flaminia; in questo "nuovo" complesso, gli itinerari dei pellegrini localizzavano il luogo della sepoltura del martire, indicata esattamente all'interno della chiesa. Il santuario, in questa nuova sistemazione, rimase celebre per tutto il medioevo e conservò una particolare vitalità di frequentazione almeno fino agli inizi del XIV secolo, nel momento in cui, a seguito della traslazione delle reliquie del martire Valentino nella chiesa urbana di S. Prassede, cominciò a perdere la sua funzione liturgica e a trasformarsi in un rudere. Il trasferimento dei resti mortali di San Valentino nella Basilica di Santa Prassede è però più sicuramente databile al pontificato di papa Pasquale I 817-824, che vi fece traslare non solo quelle del presbitero, ma quelle di suo fratello Zenone, di Vitale e Felicola nonché dei martiri di Santa Costanza. La testa del Santo è oggi conservata nella Basilica di Santa Maria in Cosmedin a Roma.

Agiografia

(David Teniers III La Vergine e San Valentino XVII secolo, Terni)

Narrano gli Acta Sancti Valentini, al capitolo S. Valentini confessio, miracula, che "Claudio II il Gotico fece arrestare un uomo venerabile di nome Valentino, presbitero, e lo rinchiuse in carcere, stringendolo in ceppi e catene. Il prefetto Calpurnio prese in consegna il presbitero Valentino e lo mandò da un certo Asterio, uno dei principi della corte, magistrato. Appena fu entrato nella casa di Asterio, il presbitero Valentino si mise a pregare in ginocchio, dicendo: "Dio, Tu che hai fatto tutte le cose visibili ed invisibili e hai creato l'umano genere, Tu che mandasti il Figlio tuo Gesù Cristo Signore affinché ci liberasse dal secolo presente e ci conducesse dalle tenebre alla luce vera, Lui che ammaestrandoci disse: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò", Tu converti questa casa e donale la luce dopo le tenebre, affinché conosca te Dio e Cristo nell'unità dello Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen". Udito ciò, il principe Asterio disse al presbitero Valentino: "Ammiro la tua sapienza quando dici che Cristo è la vostra luce". Rispondendogli Valentino, disse con voce chiara: "In verità, perché Gesù Cristo Signore, che è nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine, è la luce vera, che illumina ogni uomo venuto al mondo". Gli rispose Asterio dicendo: "Se illumina ogni uomo, voglio metter subito alla prova se è veramente Dio; altrimenti confonderò la tua fallacia. Ho una figlia adottiva, amatissima fin dall'infanzia, che troppo presto, poco prima dei due anni, è diventata cieca: ora la condurrò davanti a te e se sarà guarita, farò tutto quello che mi chiederai". Disse allora il presbitero Valentino: "In nome del Signore Nostro Gesù Cristo, accompagnala qui da me". Asterio corse e con ansia condusse la fanciulla cieca al b. presbitero Valentino. Levate le mani al cielo e piangendo copiosamente, Valentino disse: "Signore Dio onnipotente, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre di ogni misericordia, che hai mandato il Figlio tuo, Gesù Cristo nostro Signore sulla terra per condurci dalle tenebre alla luce vera, ti invoco, io peccatore indegno. Tuttavia, poiché tu salvi tutte le anime e non vuoi che alcuno perisca, supplico la tua misericordia affinché tutti conoscano che tu sei Dio e Padre di tutti e creatore, tu che hai aperto gli occhi al cieco nato e hai risuscitato Lazzaro già putrescente dal sepolcro, invoco Te, che sei luce vera e Signore d'ogni Principato e Potestà, affinché per questa tua serva non la mia volontà sia fatta, ma la tua e tu possa degnarti di illuminarla con la luce della tua sapienza". E le pose le mani sugli occhi, dicendo: "Signore Gesù Cristo dà la luce a questa tua serva, perché tu sei la luce vera". E mentre diceva questo, gli occhi di lei si aprirono". . "Vedendo questo, Asterio e sua moglie caddero ai piedi del b. Valentino. la domenica successiva [Valentino] battezzò Asterio e con lui tutta la sua casa. E chiamò il vescovo Callisto, che impartì la Cresima ad Asterio e ai suoi, per un totale di quarantasei persone tra uomini e donne. […] Dopo questi eventi, Claudio fece imprigionare il principe Asterio. Gli fu annunziato che la fanciulla aveva recuperato la vista nella di lui casa e che per tal miracolo egli era stato battezzato nel nome di Cristo insieme a tutta la sua casa ad opera del presbitero Valentino. [Claudio] furioso mandò i soldati e fece arrestare tutti coloro che erano nella casa di [Asterio]. […] Ordinò che Asterio e i suoi venissero condotti in catene nella città di Ostia per esservi giudicati penalmente. Giunti ad Ostia, furono portati davanti a un giudice di nome Gelasio […] Il presbitero Valentino invece venne prima percosso a bastonate, poi gli fu comminata la sentenza di morte per decapitazione. E fu decapitato sulla via Flaminia, il giorno decimosesto delle Calende di marzo. Il suo corpo venne raccolto da una certa matrona Savinilla, che lo fece seppellire nello stesso luogo in cui era stato decapitato, dove il Signore opererà molti miracoli a lode e gloria del suo nome".

I luoghi di San Valentino

(Angolo rione Piscinula)

A Roma oggi è dedicata a San Valentino presbitero e martire solo la nostra chiesa al Villaggio Olimpico, costruita dall'architetto Francesco Berarducci nel 1986. Ben maggiore in passato la diffusione del culto a lui tribuito nella città eterna. L' Emerologio di Roma, cristiana, ecclesiastica e gentile dell'Abate Carlo Bartolomeo Piazza (Roma, 1713, Stamperia del Bernabò) riferisce: "La festa di questo Santo si fa alla sua Chiesa de' SS Sebastiano e Valentino a Piazza Mattei, della Compagnia de' Merciai, già parrocchia soppressa da Clemente Ottavo". Era proprio in quel luogo, nel popolare rione "Sant'Angelo in pescheria"("in piscinula") che la tradizione poneva l'abitazione del presbitero Valentino, Si venera il Santo anche "A S. Prassede, dove si crede sepolto il corpo […] Alla Chiesa di S. Agostino, ove in un antico reliquiario si conserva un'insigne reliquia di detto Santo, che già era nella celebre Basilica e Monastero numeroso de' Monaci sotto il di lui nome, fuori della Porta del Popolo. A questo Santo erano anticamente dedicate in Roma due chiese. La prima a Ponte Molle, col suo Cimiterio, Monasterio e Chiesa come si è detto, ove si venerava il corpo di detto Santo con gran devozione e frequenza di popolo; di così belle memorie, appena se ne veggono deplorabili vestigi nella Vigna de' Pp. Agostiniani del Popolo. La seconda chiamavasi S. Valentino in Cosmedin, dove ora sono per ingiuria della venerabile antichità i fienili dirimpetto la Chiesa Collegiata detta S. Maria in Cosmedin e scuola greca" Le catacombe di S. Valentino rimangono tuttora uno dei complessi cemeteriali più cospicui della zona Nord di Roma. Le descrive in sintesi Fabrizio Bisconti: "Si sviluppano al II miglio della via Flaminia, nel declivio nord-ovest del monte Parioli, dove è ancora visibile anche una necropoli di superficie, costituita da una fila di mausolei […] Ai lavori eseguiti durante il pontificato di Teodoro (642-649), tra i più consistenti del VII secolo, dobbiamo riferire anche la decorazione pittorica dell'ambiente di accesso alla catacomba, sorta già nel IV secolo e organizzata su due piani nel fianco della collina dei Parioli. Il vano di accesso – sicuro ampliamento, nel corso del IV secolo, di una più antica galleria, della quale si notano ancora le tracce della volta – fu oggetto di vari interventi, da connettere, evidentemente, a una qualche ragione di culto, che si protrasse sino al VII secolo, quando, appunto, fu di nuovo affrescato, segnando, in tal modo, una delle ultime fasi di un lungo e ininterrotto itinerario costruttivo e cultuale. Di esso disponiamo di un'accurata descrizione, corredata da pregevoli disegni, redatta da Antonio Bosio, che nel 1584 scoprì le catacombe. Seguendo le sue indicazioni, possiamo ricostruire l'intero programma decorativo. Nella parete di ingresso e in quella destra e sinistra si sviluppa una teoria di santi orientali e occidentali, tra i quali si riconosce san Lorenzo. La parete di fondo, procedendo da sinistra verso destra, presentava una scena di visitazione, una nicchia ove è raffigurata la Madonna con il Bambino, definita dalla didascalia s (an)c (t)a Dei Genetrix, due scene oggi scomparse […] purtroppo distrutte durante la trasformazione della catacomba in cantina e una scena di Deèsis, con il Crocifisso tra Maria e san Giovanni. [… Ispirati ai Vangeli apocrifi ed in particolare al Protovangelo di Giacomo] gli affreschi di San Valentino si allacciano all'atmosfera artistica e religiosa che si era diffusa a Roma con l'avvento dei Papi greci, collegandosi ad alcuni lavori di manifattura siro-palestinese e più in generale, dell'Oriente mediterraneo" (L'Osservatore Romano, 21 dicembre 2008). San Valentino, la sua storia e le sue vestigia, sono oggi il cuore più antico d'un ampio plesso archeologico-architettonico d'estremo pregio e costituito dalle catacombe di Viale Pildsuski; dall'Oratorio di S. Andrea a Ponte Milvio; dalla Chiesa di S. Andrea di Jacopo Barozzi da Vignola a via Flaminia; dallo Stadio Flaminio, di Antonio e Pier Luigi Nervi; dal Villaggio Olimpico del team Vittorio Cafiero, Adalberto Libera, Andrea Luccichenti, Vincenzo Monaco e Luigi Moretti, dal Palazzetto dello Sport di Annibale Vitellozzi e Pier Luigi Nervi; dalla Chiesa parrocchiale San Valentino di Francesco Berarducci; dal Parco della Musica di Renzo Piano; dal Maxxi di Zaha Hadid.

Il Santo degli innamorati

L' origine di San Valentino come protettore dei fidanzati ha le sue probabili radici nella volontà della Chiesa di «cristianizzare» i riti pagani della fertilità. Per gli antichi romani febbraio era il periodo in cui ci si preparava alla stagione della rinascita. A metà mese, fin dal IV a.C., iniziavano le celebrazioni dei Lupercali, le feste del dio Lupercus Faunus. I sacerdoti entravano nella grotta in cui, secondo la leggenda, la lupa aveva allattato Romolo e Remo e qui compivano sacrifici propiziatori. Contemporaneamente lungo le strade della città veniva sparso il sangue di alcuni animali. I nomi di uomini e donne che adoravano questo dio venivano inseriti in un'urna e poi mischiati; quindi un bambino estraeva i nomi di alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità, affinché il rito della fertilità fosse concluso. Divenuti troppo orridi e licenziosi, i riti furono proibiti dall'imperatore Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494 d.C.. Secondo una tra le tesi più accreditate, la festa di San Valentino, effettivamente martirizzato il 14 febbraio, sarebbe stata introdotta proprio come il contraltare cristiano di manifestazioni a lungo (lo testimonia S. Agostino) ancora praticate. Nel Medioevo il 14 febbraio conosce una nuova fortuna come festa degli innamorati grazie al circolo di Geoffrey Chaucer (1343 – 1400), che nel suo poema in 700 versi The Parliament of Fowls (Il parlamento degli uccelli). associa la ricorrenza al fidanzamento di Riccardo II d'Inghilterra con Anna di Boemia e identifica il dio Eros con San Valentino. In ogni caso in Francia e Inghilterra, nel Medioevo, si riteneva che a metà febbraio iniziasse l'accoppiamento degli uccelli: evento che si prestava a ribadire il 14 febbraio come la festa degli innamorati. Nei Paesi anglosassoni il tratto più caratteristico è lo scambio (risalente al XIX secolo) di Valentines, biglietti d'amore con i simboli dell'amor romantico (cuori, colomba, cupidi etc.). La più antica Valentine di cui si abbia traccia risale però al XV secolo, e fu scritta da Carlo d'Orléans, allora detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta nella battaglia di Agincourt (1415). Carlo si rivolge alla moglie con le parole: «Je suis déjà d'amour tanné, ma très douce Valentinée». A metà Ottocento negli Stati Uniti Esther Howland iniziò a produrre biglietti di San Valentino su scala industriale. Con il passare del tempo la tradizione dei biglietti amorosi divenne secondaria rispetto allo scambio di scatole di cioccolatini, mazzi di fiori o gioielli.